La liquirizia

La pianta
La liquirizia è una pianta erbacea perenne appartenente alla famiglia delle leguminose. Appartiene al genere botanico Glycyrrhiza, che significa radice (rhiza) dolce (glykis). Tra le specie principali, la più pregiata è senz’altro la Glycyrrhiza Glabra, distinguibile per il legume e le foglie prive di peli, glabre appunto.
Inoltre la sua tipicità è data dalla naturale dolcezza, che la rende amabile al palato. Ed è proprio la Glycyrrhiza Glabra quella più diffusa in Calabria, dove è nota col nome di Cordara per l’aspetto del suo apparato radicale che richiama un intreccio disordinato di corde.
La pianta si presenta come un arbusto dalla base legnosa con portamento cespuglioso e può arrivare fino a un metro e trenta di altezza.
Le foglie sono composte, paripennate, formate da un numero che varia da quattro a sette foglioline ellittiche dal brevissimo picciolo, glabre e leggermente viscide nella parte inferiore.
Il fiore, di colore viola-fucsia-azzurro pallido, ha una corolla composta di cinque petali e nasce abitualmente nel periodo tra maggio e giugno
Il frutto è un legume e non viene utilizzato ai fini commerciali, così come tutto il resto della parte aerea della pianta.
L’apparato radicale è provvisto di radici a fittone che penetrano nel terreno in senso verticale e di lunghi stoloni, o rami laterali, che si generano da alcune gemme poste alla base della pianta e si diffondono sulla superficie raggiungendo anche tre metri e più di lunghezza. Gli stoloni sono a loro volta dotati di nodi gemmari da cui spuntano radici e foglie che diverranno nuove piantine.
E’ solo la radice la parte della pianta che viene utilizzata per uso commerciale, sia per essere consumata tal quale ed essiccata, sia per l’ottenimento dell’estratto di liquirizia e di tutti i suoi derivati.

La storia
La radice di liquirizia è utilizzata fin dall’antichità come rimedio medicinale per le sue proprietà digestive e an- tiossidanti.
Nell’impero cinese, nel primo millennio a.C., si afferma infatti un’autorevole tradizione medica in cui la liquirizia assume un’importanza centrale.
Nella stessa epoca anche in Mesopotamia e nell’antico Egitto troviamo tracce dell’uso della liquirizia in ambito medico e culinario. Queste tradizioni sono in seguito trasferite in Grecia e a Roma.
I trattati botanici e medici romani testimoniano già dal II/III secolo a.C. un fiorente commercio di radice, soprat- tutto greca, e diversi modi di utilizzare il prodotto.
Queste conoscenze si tramandarono poi al mondo bizantino e islamico.
Nel Medioevo viene introdotta in Europa e inizia a essere coltivata in Francia, Spagna e Italia.
In ogni caso, per completezza di informazione, alcuni studiosi ritengono che la presenza della liquirizia come coltura in Calabria si debba fare risalire ad almeno 2.500 anni fa, quando i colonizzatori greci ne presero possesso.
Questa convinzione trova sua buona deduzione dal fatto che i medici greci già da tempo utilizzavano la radice di liquirizia come importante presidio terapeutico. Quindi, una volta trovata una loro collocazione sul territorio, essi stessi hanno dato vita ad una vera e propria coltivazione della pianta, a loro tanto utile in loco, piuttosto che continuare a rifornirsi attraverso i non facili da reperire carichi provenienti dalla loro madre patria. Questa tesi, trova una sua validità inoltre nel riscontro, in questo caso oggettivo, delle evidenze scientifiche ed analiti- che che collocano la liquirizia greca come la più simile alla nostra radice.
Va da sé che, dopo ben oltre due millenni, la radice calabrese, collegata strettamente alle caratteristiche am- bientali della regione, ha creato un suo ecotipo.
Più tardi, molto probabilmente in Germania, a cavallo tra il ‘400 e il 500 inizia la storia unitaria e globale della liquirizia e coincide con la standardizzazione di un nuovo modo di lavorare la radice, cioè con la produzione di un estratto solido mediante la bollitura in acqua della radice e la successiva concentrazione del succo attraverso l’evaporazione lenta della parte liquida.
A partire dal XIX secolo, l’estratto di liquirizia inizia ad essere utilizzato sempre più anche come ingrediente per dolci e caramelle. Dal secolo successivo, questo semilavorato continua a guadagnare popolarità in tutto il mondo, diventando un ingrediente comune in molti prodotti alimentari e farmaceutici e oggi come ingredien- te di numerosi piatti, specialmente nell’alta cucina.

La raccolta e l'estratto
La raccolta della radice di liquirizia avviene sopratutto nel periodo primaverile/estativo e nel periodo autunnale.
L’estirpazione viene praticata mediante l’utilizzo di un trattore munito di un aratro mono vomere, in grado di aprire dei solchi della profondità massima di 60cm, come recita il disciplinare di produzione.
Con la radice, che dai solchi prodotti dall’aratro è stata portata in superficie, viene raccolta manualmente. Si preparano poi dei fasci che, caricati su idonei mezzi, vengono conferiti alle aziende di trasformazione o di prima lavorazione.
Qui giunta, la radice viene sfibrata attraverso appositi mulini e quindi ammendata ad acqua. A questo punto, il composto acqua/radice viene portato in ebollizione, quindi pressato, per permettere la separazione del succo dalla sansa.
La fase successiva consiste nella riduzione graduale e costante dell’acqua in eccesso, attraverso una fase detta di concentrazione, fino ad ottenere una pasta molto densa dalla quale, attraverso il passaggio in un estrusore, si ottengono varie pezzature di estratto denominate solitamente Spezzate, Spezzatine, Tronchetti, Stecche, ecc., poi destinate all’essiccazione in appositi forni e successivamente al confezionamento e alla vendita.

Le proprietà
La liquirizia ha numerosissime proprietà benefiche e salutistiche.
Tra le più importanti non si possono non citare quella antinfiammatoria, cicatrizzante, lassativa, fluidificante, digestiva, dissetante, sbiancante ed anoressizzante.
Tant’è che sono innumerevoli i lavori pubblicati su prestigiose riviste scientifiche e che trattano della liquirizia come fitocomplesso, utilizzato anche in interessanti condizioni precliniche e cliniche.
Della liquirizia, come detto, è edibile tanto il succo delle radici fresche o essiccate quanto l’estratto. Ed è in en- trambi, in base al diverso uso che se ne fa, che si possono scovare le proprietà nutraceutiche.
Come rimedio antinfiammatorio e cicatrizzante nell’ulcera gastrica e duodenale è sufficiente sciogliere in bocca 1-2 pastiglie di estratto per due o tre volte al giorno, per un periodo compreso tra i trenta ed i sessanta giorni oppure masticare un bastoncino di radice al di suddiviso in tre momenti nell’arco della giornata.
Chi preferisce la tisana, può far bollire e lasciare in infusione in una tazza, per 15 minuti circa, 35 g di radice di liquirizia, 35 g di menta in foglie e 30 g di camomilla in fiore. Per avere gli effetti indicati ne vanno bevute due tazze al giorno.
Per la funzione lassativa basta porre in un analogo decotto la radice di liquirizia, in polvere o tagliuzzata, misce- lata in parti uguali con foglie di malva e radice d’altea.
Come calmante per la tosse si può preparare un decotto con 50 g di radice d’altea e 50 g di radice di liquirizia per tazza.
Per usufruire delle proprietà dissetanti della liquirizia, invece, basta tagliare i bastoncini in piccolissimi pezzi e macinarla con l’aiuto di un robot da cucina; poi porre la polvere di radice in infusione in una brocca di acqua bollente per circa 10-15 minuti, per poi filtrarla e riporre la brocca in frigo utilizzando la bevanda nel corso della giornata.
Molto interessante è anche il suo forte potere sbiancante. Per farne esperienza basterà mangiucchiare un ba- stoncino di radice, per poi strofinare sui denti, subito dopo averli lavati, la parte fibrosa della radice stessa. Si può ripetere l’azione un paio di volte al giorno per notare, in pochi giorni, il risultato.
Anche numerose creme estetiche contengono estratto di liquirizia, proprio per aiutare la depigmentazione della pelle e sbiancare le macchie dell’età.
In ogni caso è bene ricordare che, anche se la liquirizia di Calabria contiene un bassissimo tenore di glicirrizzina, bisogna evitarne un consumo eccessivo in caso di ipertensione e che, potendo determinare ritenzione idrica, se ne sconsiglia l’uso in gravidanza.

La Liquirizia di Calabria DOP
L’impareggiabilità della Liquirizia di Calabria DOP è racchiusa nella sua composizione chimica ed è conferita dalle sue particolari proprietà organolettiche, che la rendono un prodotto unico per gusto e caratteristiche.
Tali peculiarità sono un “dono” per il quale la Liquirizia di Calabria deve ringraziare:
– la configurazione geomorfologica della regione (presenza del mare ad un passo dalle montagne);
– la tipicità delle condizioni climatiche (inverni miti ed estati secche e calde);
– l’idoneità del suolo che l’ha accolta (ad esempio un ottimo contenuto di silicio e il suo ph neutro).
Unendo tutti questi aspetti presenti solo nella nostra regione, si ottiene un prodotto con un gusto decisamente più piacevole rispetto a qualunque altra liquirizia al mondo, dato dalla scarsissima presenza di sostanze amaricanti e dalla tipicità delle componenti aromatiche; ma oltre al gusto, ciò che caratterizza la materia prima calabra è lo speciale equilibrio delle sostanze in essa contenute.
Tra le molte, la singolarità che spicca su tutte è quella legata al contenuto di Glycyrrhizina (la sostanza che ha effetti sulla pressione arteriosa) estremamamente basso: con un valore medio nella radice di 1,5% nella radice e del 3% nell’estratto, percentuali molto inferiori rispetto a quelle delle liquirizie di altra origine (ad esempio turca, iraniana, mongola o cinese che possono attestarsi anche intorno a valori medi del 10% e a volte anche più), informazione non da poco per i numerosi consumatori ipertesi che amano degustare una liquirizia nel corso della giornata.
La “Liquirizia di Calabria DOP” nasce in ampie zone delle province della regione e in territori fino a 600 metri sul livello del mare.
E’ una pianta infestante che spesso nasce spontaneamente, anche in terreni già occupati da altre colture. Predilige i terreni argillosi e misti la sua raccolta abitualmente avviene in cicli triennali o quadriennali, quando la radice raggiunge un’ottima condizione anche per l’uso industriale.